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Nell'iconografia di Annabella Dugo il talento cromatico individua delle forme che, nella loro euristica, rifiutano gli ermetismi dei sensi ossessionati. Dati istintivi e memoriali, ritmicamente espressivi, non precipitano dai vertici della loro carica evocativa per coordinarsi sul piano referenziale, ma nell'impalpabilità dell'arte, respirano in colori psichici le indefinite possibilità di reificare l'interiorità istintuale e l'esteriorità onirica.
Se la parola subentra alla metafora concettuale che unifica tutti gli atti di riferimento nell'intuizione, allora l'incanto si spezza e la lirica si risolve nei dati instabili degli incontri. delle inquiete istanze che modulano i rapporti dell'uomo e della donna. Solo nella poesia dell'intima comunicazione le creature sembrano trovare la giustificazione della loro esistenza, oltre le coincidenze sociali e le dimensioni biografiche. In tutte le opere della Dugo le situazioni, nella loro intimità, sono esse stesse agenti nel processo del pensiero. Insomma si correlano come la parola ed il significato per cui la comunicazione è al limite di uno strato di trance e non si depaupera l'ingenuità della scoperta degli istinti al risveglio cosciente che evidenzia delle distorsioni alienanti.
La stessa indagine decorativaemotiva si precisa in certi veli e certe allusioni simboliche che ci fanno pensare all'art nouveau. E' significativa per evidenziare il bisogno della Dugo di sottrarre le situazioni al mistero e la mente titurbante ed affascinata è protesa ad esplorarlo. Ma la solitudine delle creature rifiuta, nell'epifania, la cosciente accettazione della identificazione. Miticamente rapito dalla ninfa Salmace che dagli dei aveva ottenuto di fondersi con lui in un unico essere, Ermafrodito rappresenta la bellezza impareggiabile.
Ebbene, in chiave attuale, l'artista, in una composizione polittica, intuisce le profonde radici del dramma dell'essere partecipe contemporaneamente della natura maschile e femminile. Questa conciliazione inconciliabile appare tanto desolata perché priva di aneliti e di ulissiache ricerche di dimensioni: si sospende su di un abisso. Il definito, il reintegrato, per parlare in termini di androginia, è destinato ad autofrangersi per disintegrare il contesto. Così oltre il lancinante guizzo di una tela rossa si precisano una caduta ed uno schianto: l'ammanto si residua, an-cora puro, accanto al sangue che non ha vivificato.
La sfera dei sensi sposta gli uomini in un mondo che regredisce fino alle dimensioni prenatali. Molte figure s'immergono in un fluido acquatico dove s'ovattano le sensazioni esteriori e le conchiglie, con i loro richiami sessuali, sono il segno d'un oblio che si dona e si perde per un inesauribile bisogno d'amare. In una sorta di simbiosi, con delicatezza e senza turbamenti emotivo-conflittuali, le coppie della Dugo si cercano fertili e luminose come in un codice classico. S'immergono nei flussi che l'arcano ha voluto per una gioia libera, per una comunicazione naturalistica e melodiosa. Per questa simbiosi si allacciano, sprofondano, gli amanti, nella liquida atmosfera mentale cercandosi come i reagenti che nella primordiale miscela del caos formarono le esistenze e le predisposero a moltiplicarsi.
Altro elemento significativo dell'amore è la sofferenza dello amante per il dolore dell'amata: in un miscuglio di sensazioni si diventa altri da sè, mentre le lontananze spazio temporali si annullano per le congiunte, sovrapposte, modalità drammatiche. Il riscatto della femminilità, della sua funzione nel territorio-vita, è affrontato dalla Dugo che, nelle ferite della natura e nell'intrigo di tecnologie e consumismo, verifica le lacerazioni che frangono l'armonia della riproduzione ed alterano i ruoli della compagna, dell'amica, della madre. L'uomo e la donna, soli, sono squallidi, sono esplorazioni utilizzabili per verifiche di malinconici rapporti: ben diversa è la consapevolezza delle forze essenziali che trasferiscono sangue nel sangue e pensiero nei pensieri.
Senza falsi pudori la bellezza femminile può legittimare i suoi desideri, cavalcare nei suoi sogni verso la vita e la sostiene il compagno, perduto con lei nella corsa: s'annulla così l'istinto animale e la comunione gemma pura come una fioritura primaverile. L'artista rende lirica anche la realtà quotidiana, identificando nell'anelito alla bellezza le relazioni che la socialità condanna come innaturali. La madre popolana che esige il suo riscatto è matura e delusa amante: il ruolo l'ha condizionata e distrutta negandole gli empiti giovanili, i suoi desideri si placano nel corpo soddisfatto. Ma anche la madre, regina, amata, perduta nei sensi congiunti alla sua carne diverge dalle giustificazioni.
Dal vuoto mentale emergono confusi due canti: quello della culla e quello dell'amore alimentati da ben distinte fiamme. Baudelaire diceva che sa dipingere chi conosce i segreti segnali dei colori; la Dugo nella sua luminosa innocenza trepida sui cromatici moduli di lettura interiore. Fa pittura indagando sull'attesa della felicità che da sempre si aspetta, nel sogno ci illude e nel sonno ristoratore è lontana, è nulla.
ANGELO CALABRESE, marzo 1976