MIRACULUM
SANCTI MARTYRIS JANUARII GALLERIA ARIELE VICENZA, aprile-maggio 1985

Surfing in North Miami


  • Presentazione a catalogo

La forma sensibile con la quale -nel trapasso fantastico dell'interiorità trasmessa al simbolo- Annabella Dugo riveste l'idea.

  • Salvatore Maugeri

La pittura di Annabella Dugo è lo spazio nel quale trovano forma le sue inquietudini interiori (che sono poi quelle del nostro tempo), espresse dal fermento della fantasia ch inventa i simboli e le metafore meglio rispondenti a estrinsecarle.
Le sue immagini pittoriche corrono sempre sul filo di uno specchio psichico inteso a registrare ogni nesso interno, ogni incrinatura, ogni interrogativo allarmante o angosciante ovvero ambiguo, inafferrabile e infine ogni possibile trasmutazione dei rapporti allusivi.
Ciò determina in lei la necessità di pervenire a un racconto per immagini che ogni volta cerca di polarizzarsi in una tematica di fondo sviluppata attraverso una serie di proposizioni che, se sono autonome e in sé definite, trovano tuttavia la loro motivazione più ampia se ricondotte alla radice comune da cui hanno origine.
I termini linguistici mediaste i quali Annabella Dugo dà vita a questo suo mondo inquieto sono quelli che le appartengono ormai da anni e che i suoi esegeti hanno individuato in un clima ideale tra il simbolismo e l'”Art Nouveau”, naturalmente rivissuto alla luce di una sensibilità che appartiene al nostro tempo. Non è, a tale clima, estranea, come qualche anno addietro fece notare Carlo Munari, l'attenzione posta dalla pittrice al “Barocco napoletano”, anche se a me sembra che tale dato si debba riferire all'accoglimento di pretesti figurali (i mobili, gli arredi, gli oggetti e taluni riferimenti a motivi architettonici<<<<<<<<) che se certamente appartengono alla cultura e alla realtà napoletana non alterano tuttavia la sostanza delle ragioni poetiche e linguistiche del suo simbolismo, Le quali poi sono da identificare nel bisogno di servirsi di una forma sensibile con la quale rivestire l'idea, mediante quindi il trapasso fantastico dell'interiorità che si cala nel simbolo e nell'elezione della linea curva e sinuosa che ben esprime, soprattutto in taluni cicli pittorici di A D, la componente erotica.
Nondimeno quest'ultima non è la sola a creare qual fermento inquietante che vivifica la sua pittura; altre componenti vi si innestano. Tra esse, acquista spessore il continuo flusso della dimensione temporale da un passato, più o meno remoto, a un presente che ogni cosa sottoipone ad un gioco dialettico di interrogativi tra l'essere e l'apparire e sulle contraddizioni della psiche umana.
Non si tratta -e il ciclo delle opere di questa sua “personale” vicentina all'Ariele ispirata al “Miraculum Sancti Martyris Januarii” lo conferma ampiamente- di una fuga nostalgica, idilliaca in un passato mitico, inteso come un porto quieto, un sereno approdo, ma di un confronto contrassegnato dagli interrogativi, dagli stupori, dai dissensi, dal sentimento del mistero e dalle relazioni conflittuarie e psicologiche tra il passato e il presente, tra quanto recuperabile e riproponibile nell'ottica dell'attualità.
Una conseguenza di tutto ciò evidenzia un altro carattere della pittura di A D, palese nel ciclo delle opere qui esposte,e cioè l'incidenza del movimento, il segnare, in altri termini, ogni figuras e ogni immagine senza mai cristallizzarla nell'immobilità. Lo spazio si incrina, si lacera e va in frantumi, ovvero provoca l'instabilità degli oggetti e dei piani; come è possibile riscontrare tra le opere di questa personale in “I miti classici”, “Argento e limoni” e “Regolamento di conti”.
Ciò è anche un riflesso del gusto pieno, generoso di arricchire, col movimento, la crescita delle immagini, la loro proliferazione, l'aggiungere simbolo a simbolo: ex voto, monili, cartigli, iscrizioni, stoffe, merletti, spille, nastri, reperti archeologici … tutto un corredo di supporti narrativi chiamati a evidenziare la loro valenza simbolica, a trascorrere da una presenza allusiva a un'altra. Si tratta di continue oscillazioni in progressione, di cui il massimo esempio forse si ha nel vasto dipinto “Terrae Motus”, per l'alto grado di tensione espresso.
In quest'opera, la scomposizione e la ricomposizione per sequenza dell'immagine, nonché le fasi temporali dell'evento sono determinate sì da una spinta dinamica fisica, ma soprattutto dall'insorgere da tensioni interiori e dalla mobilità della fantasia che segna i suoi trapassi, sottolinea presenze inquietanti, segnali allarmanti e stravolge gli elementi figurali, la cui logica si sottrae all'evidenza del reale per assumere la dimensione di ciò che appartiene al regno del visionario.
Salvatore Maugeri, aprile 1985




RIFLESSIONI SU ALCUNE OPERE

"PROFANAZIONE ED ESTASI"
Il quadro raffigura un San Sebastiano imprigionato in una sorta di "bondage". Egli appare sofferente, con una testa di tipo alessandrino, ovvero ellenistica, su di un corpo contorto e teso come un arco. Mancano le frecce che nella iconografia tradizionale normalmente accompagnano e identificano il S. Al loro posto vi sono corde raffigurate quasi come tiranti di acciaio.
Il Santo è stato sempre raffigurato magro; il corpo pallido con vene e tendini evidenti; il suo viso emaciato e sofferente.
Nel dipinto in questione, invece, la figura è solida, virile, muscolosa con indosso una camicia la cui manica ci porta a pensare all'inizio di una mutazione. Il braccio è già sparito. Ci chiediamo: cosa potrà accadere?
Un drappo grande, pieno di lingue di fuoco si trova alle spalle di questa bellissima figura malinconica. Le scritte in esso contenute portano a riflettere sul male che a volte colpisce l'arte.
La piccola figura della vergine bambina sembra a prima vista non collegarsi al resto del dipinto ma la sua presenza è preziosa. Il segno della purezza lontana e inafferrabile.
Annabella Dugo.